Lo scenario del WG prevede un incontro tra diritti e doveri. Le attuali forme di protezione sono “a riscossione individuale”: la persona, a fronte di una situazione di bisogno, usufruisce di prestazioni sociali che lo attenuano, ma senza che ciò comporti ricadute positive oltre il beneficio individuale.
È possibile che a fronte di tali diritti individuali corrispondano, in capo agli stessi beneficiari, dei doveri di solidarietà? Se così fosse i diritti individuali si trasformerebbero in diritti a corrispettivo sociale: quello che la persona riceve è per aiutarla e per metterla in condizione di aiutare altri. Così facendo si ottengono ricadute positive per il beneficiario e per la comunità. Si tratta di chiedere agli aiutati di responsabilizzarsi, valorizzando le proprie capacità ed evitando la dipendenza assistenziale. In questo modo vengono incentivate la solidarietà e la responsabilizzazione sociale.
Ad esempio, i lavoratori in cassa integrazione potrebbero restituire alla società, sotto forma di attività a favore della comunità, quello che dalla società ricevono, per la loro giusta sopravvivenza, nei momenti di forzata inattività.
Analogo discorso andrebbe sviluppato anche nei confronti di chi riceve aiuti economici di sostegno al reddito. La parte di essi che, per l’età avanzata o per malattia, sono impediti dallo svolgere un impegno "lavorativo", sono a carico della società. Coloro i quali hanno energie adeguate e salute sufficiente dovrebbero però essere aiutati ad inserirsi nel processo lavorativo e produttivo e, in attesa di questo, a contribuire essi stessi alla creazione di valore sociale.