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"Io non mi arrendo": convegno a Roma il 27 ottobre

Famiglie che non si arrendono alla povertà e continuano a combattere per dare una vita migliore ai propri figli: è quanto emerge dalle interviste realizzate in 7 città italiane per approfondire la condizione di 277 nuclei familiari, raccogliendo direttamente le loro esperienze, le loro difficoltà e le loro richieste. E, partendo dall’ascolto, capire in che modo chi è povero affronta i problemi, non solo con gli aiuti che riceve ma anche con le proprie capacità e risorse e, soprattutto, quanto sia disposto ad aiutarsi e aiutare altre persone che vivono la stessa condizione.

È questo il focus della ricerca promossa da L’Albero della Vita,  organizzazione italiana che da 18 anni è impegnata a difendere e promuovere i diritti, il benessere e lo sviluppo dei minori in condizioni di disagio e marginalità sociale, e realizzata dalla Fondazione Emanuela Zancan, centro di studio e ricerca che opera nell'ambito delle politiche sociali, sanitarie, educative, dei sistemi di welfare e dei servizi alla persona.  

La metodologia di ricerca ha avuto come obiettivo quello di far emergere le testimonianze dirette delle famiglie, per comprenderne i potenziali “generativi”, ossia il coinvolgimento di ciascuno nella lotta alla loro povertà, considerando le persone come “centro” da cui partire per identificare soluzioni utili a definire degli interventi concreti.

Gli incontri si sono svolti a Milano, Torino, Firenze, Roma, Bari, Napoli e Palermo nell’arco di 6 mesi. Tra le persone adulte intervistate,  la maggioranza ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni e l’85%  è di genere femminile; il 78% degli intervistati ha la cittadinanza italiana, mentre il 22% è straniera. Alcune famiglie hanno inoltre consentito ai loro figli di raccontare la propria esperienza, restituendo un vissuto soddisfacente nonostante i problemi e trasmettendo il desiderio di fare qualcosa per aiutare la famiglia a superare le difficoltà quotidiane.

I risultati della  ricerca evidenziano che la prima causa di disagio tra le famiglie intervistate è legata a problemi di lavoro (9 famiglie su 10),  in particolare di disoccupazione (7 su 10); il 56% ha anche problemi di natura abitativa (quali occupazione abusiva, sfratto, ecc.) e  il 54% di salute. Oltre 1 su 5 delle famiglie incontrate presenta problemi con la giustizia. Circa 1 su 6 esprime difficoltà legate al livello di istruzione.

In questo contesto, la ricerca ha fotografato diverse tipologie di aiuto ricevute dalle singole famiglie:  sul totale delle famiglie intervistate (in tutte le città) quasi tre quarti ricevono, o hanno ricevuto recentemente, contributi economici (diretti o in forma di compartecipazione per spese sanitarie, abitazione ecc.) e oltre 6 su 10 beni materiali di prima necessità. Meno frequente è, mediamente, l’aiuto ricevuto sotto forma di servizi.

La percezione della gravità degli aiuti non ricevuti fa emergere un dato interessante: su una scala da 1 a 3, la mancanza più grave (2.9) risulta quella relativa ai servizi di assistenza sociosanitaria e abitativa; seguono la mancanza di contributi economici (2.7) e di servizi di accoglienza ludico ricreativa,  di orientamento e sostegno (2.5) e di sostegno socio educativo (2.3), mentre meno rilevante risulta la carenza di beni materiali di prima necessità (2.2).

La ricerca ha inoltre analizzato le risorse e capacità positive che uno o più componenti della famiglia si riconoscono e possono impiegare a vantaggio o del proprio nucleo familiare per superare le difficoltà,  oppure nei confronti di altre persone esterne al nucleo.

Tre su quattro (75%) delle famiglie incontrate si riconosce almeno una forma di potenziale impiegabile a beneficio della collettività. Per tutti gli intervistati il tema del “fare qualcosa per gli altri”, passa necessariamente attraverso il mettersi in gioco come persona, con il proprio bagaglio di competenze e capacità, attuando  azioni di solidarietà e di condivisione oltre la famiglia stessa.

I genitori, infine, hanno trasmesso anche una consapevolezza importante: chi ha figli ha voglia di lottare e sviluppa inaspettate capacità. “Io non mi arrendo”  è il messaggio chiave trasmesso da queste famiglie, e rappresenta il punto di partenza per attuare delle azioni concrete di lotta alla povertà.

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